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Per saperne di più sulla Carcinosi Peritoneale/Metastasi Peritoneali da Carcinoma Colorettale

Metastasi Peritoneali da Ca Colorettale

L’evento MP influenza negativamente la prognosi in misura maggiore e statisticamente significativa rispetto alle altre sedi metastatiche Per alcuni decenni, la sopravvivenza mediana dei pazienti con CCR avanzato, trattatato con chemioterapia sistemica, è rimasta immodificata. Negli ultimi anni, è stata però messa a punto ed utilizzata, in un sottogruppo di pazienti con metastasi epatiche, traendone benefici significativi, la chirurgia resettiva del fegato. Ciò può verosimilmente essere interpretato alla luce del fatto che il CCR si caratterizza per la sua diffusione “ordinata”, secondo un meccanismo, descritto da Weiss, di metastatizzazione in step successivi o “metastasi dalla metastasi”. E’ proprio questa modalità di diffusione che consente di intuire la potenziale efficacia di una chirurgia, come la peritonectomia, che si pone l’obiettivo di asportare la malattia in corrispondenza della sua ultima frontiera. Peraltro, già Chu alla fine degli anni ’80, ma anche Sadeghi in tempi molto più recenti, a conclusione di interessanti studi concernenti la storia naturale delle carcinosi peritoneale (CP) di origine colorettale, hanno messo in evidenza che almeno il 25% dei pazienti perviene all’exitus senza alcun segno di malattia extra-peritoneale, a conferma dell’ipotesi che il peritoneo possa ragionevolmente essere considerato, in questi casi, il margine ultimo della malattia.

Attorno alla metà degli anni 2000, l’introduzione nella pratica clinica di nuovi efficaci agenti antiblastici ha incrementato, fino a 20 mesi, la sopravvivenza mediana dei pazienti con CCR avanzati. Questo risultato, verosimilmente non riproducibile nei pazienti con carcinosi peritoneale, ha costituito un razionale presupposto per l’efficace integrazione terapeutica di chirurgia, chemioipertermia loco-regionale e chemioterapia sistemica adiuvante, integrazione che ha consentito di ottenere successi prima insperati, con una sopravvivenza globale, in alcuni studi clinici recenti, fino al 50% a 5 anni.

Incidenza e patogenesi

Dopo il fegato, il peritoneo rappresenta il sito più frequente di localizzazione a distanza del CRC. E’ opportuno distinguere i dati epidemiologici dei pazienti con MP sincrona al CCR dalla MP che interviene successivamente nel corso della storia naturale della malattia. Il 25% dei pazienti con CCR presenta localizzazioni a distanza sincrone (all’esordio). In un quarto dei casi (5-10% dei pazienti operati per CCR primitivo a seconda delle casistiche) si tratta di una MP. Di questi pazienti, la metà presenta altre sedi metastatiche (fegato, polmone etc..) mentre nel 50% la malattia è isolata al peritoneo.

Il discorso è più complesso se consideriamo le MP da CCR metacrone (che intervengono dopo il trattamento del tumore primitivo). Questa si verifica nel 3.5-4.2% dei pazienti con CRC ma interessa circa il 40% dei pazienti rioperati per CCR ed oltre se si considerano le serie autoptiche.

La causa più frequente che sta alla base dell’insorgenza della carcinosi peritoneale è identificabile nell’infiltrazione neoplastica della sierosa intestinale. La ricerca di cellule neoplastiche nel liquido di lavaggio peritoneale, prima dell’atto resettivo, ha dato esito positivo in una percentuale variabile dal 3% al 28%, mentre lo scraping della sierosa in corrispondenza della neoplasia ha fornito la dimostrazione della presenza di cellule neoplastiche vitali e dotate di capacità proliferativa in un range compreso tra il 15% ed il 42% dei casi E’ stata poi chiamata in causa, anche se probabilmente non ricopre un ruolo di rilievo, la caduta di cellule neoplastiche ad opera, delle manovre chirurgiche come conseguenza della manipolazione del tumore nel corso dell’intervento. Sembra, infatti, che si tratti, in quest’ultima evenienza, di una modalità secondaria, dal momento che, negli studi in cui il lavaggio peritoneale è stato attuato prima e dopo la resezione del tumore, la positivizzazione della ricerca di cellule neoplastiche è rimasta contenuta entro un range che oscilla dallo zero al 10% dei casi. Infine, bisogna precisare che, sebbene questi sembrino essere i meccanismi patogenetici della carcinosi peritoneale, la letteratura è controversa sul significato prognostico della presenza di cellule tumorali libere in peritoneo nei pazienti con CCR e per quanto riguarda la sopravvivenza e, forse, anche l’insorgenza della carcinosi. Pertanto il problema relativo al volume di pazienti con CCR che possono manifestare una carcinosi peritoneale è tuttaltro che trascurabile potendo rappresentare il 15-30% dell’oltre milione di pazienti che ogni anno, nel mondo, presentano un CCR. L’approccio loco-regionale aggressivo con CRS HIPEC ha in effetti modificato la storia naturale delle MP da CRC, consentendo sopravvivenze mediane vicine ai 2 anni con una percentuale di pazienti lungo-sopravviventi che oscilla tra il 22% ed il 49%. Il trattamento è tuttavia costoso, time-consuming con elevati costi anche in termini di morbilità e mortalità c può essere eseguito solo dopo un adeguato apprendimento in centri di riferimento.

Da tutti gli studi emerge chiaramente come la selezione dei pazienti sia fondamentale per ottenere buoni risultati, anche in considerazione della complessità, dei costi economici e delle relativamente alte morbilità e mortalità operatorie. Età e performance status indicano la probabilità di portare a termine il trattamento integrato e quindi di trarne un risultato terapeutico. La presenza di sintomi di ostruzione intestinale o di ascite correla con una malattia diffusa, in genere, anche al piccolo intestino e riduce le probabilità di una citoriduzione chirurgica ottimale anche del 90% dei casi. Reiterati interventi chirurgici rendono più difficile una chirurgia “regolata” ed efficace. Un alto grading della neoplasia ed un intervallo libero da malattia tra tumore primitivo ed insorgenza della carcinosi < 24 mesi sono indice di maggiore aggressività biologica ed è presumibile che correlino sfavorevolmente con l’outcome oncologico. Analogo significato possiedono le metastasi linfonodali ed epatiche, anche se resecabili. Infatti, in queste circostanze, alla dimostrazione dell’avvenuta disseminazione ematogena si sovrappone la maggiore complessità dell’intervento operatorio con una più elevata probabilità di complicanze. Per quanto riguarda poi le caratteristiche istologiche, il tipo mucinoso presenta una prognosi peggiore, se non altro perché la mucina si associa ad una precoce distribuzione ubiquitaria della malattia. Di fatto, se una valutazione di insieme dei succitati parametri può aiutare, nessuno di essi ha però caratteristiche tali da poter essere assunto come indicazione o controindicazione assoluta. La stessa presenza di metastasi epatiche, sincrone alla carcinosi peritoneale, è stata oggetto di uno studio su 24 pazienti che ha dimostrato un’interessante sopravvivenza globale del 42% ed un decorso libero da malattia del 23% a 3 anni.

Tuttavia, i principali fattori prognostici risultano essere la completezza della citoriduzione chirurgica (che trova un corrispettivo farmacologico nella limitata profondità di penetrazione della chemioterapia intraperitoneale nelle localizzazioni residue di malattia), l’estensione dell’interessamento peritoneale. (figura 1) e la risposta al trattamento chemioterapico sistemico adiuvante. Attualmente, l’indicazione a CRS/HIPEC appare giustificata solo quando una chirurgia completa è tecnicamente possibile con un’estensione di malattia moderata e stabilità o regressione dopo trattamento chemioterapico sistemico adiuvante. Ciò in quanto la sopravvivenza in pazienti con chirurgia incompleta con elevata estensione di malattia peritoneale o con progressione in corso di chemioterapia neoadiuvante non è superiore a quella della sola s-CT.(6,13)

Figura 1. Sopravvivenza in base alla completezza di citoriduzione e all’estensione del coinvolgimento peritoneale

Il PCI è uno score semiquantitativo attribuito in base alle dimensioni massime delle localizzazioni peritoneali (0; ≤5 mm; >5-50 mm; >50 mm) in 13 regioni addominali (PCI 0-39). (da Elias D, et al. J Clin Oncol. 2010;28:63-68).

Ulteriori conferme si attendono da uno studio randomizzato attualmente in corso. A differenza del precedente studio olandese, il trial prevede una citoriduzione chirurgica completa in entrambi i bracci e una randomizzazione tra HIPEC (+s-CT) vs. sola s-CT. Lo studio ha concluso l’arruolamento ed i risultati sono attesi entro due anni (https://clinicaltrials.gov/show/NCT00769405).

Prevenzione e trattamento precoce delle metastasi peritoneali

I migliori risultati di CRS/HIPEC in pazienti con interessamento peritoneale limitato (sia in termini di prognosi che di morbilità operatoria), e la difficoltà di diagnosticare radiologicamente e clinicamente una carcinosi iniziale, costituiscono il razionale di un approccio volto alla prevenzione e al trattamento precoce delle PM.

Diversi strategie terapeutiche sono recentemente emerse. Il gruppo del G. Roussy (Villejuiff, FR) ha proposto un’esplorazione chirurgica in pazienti con fattori di rischio per lo sviluppo di PM metacrone (tumore primitivo perforato, metastasi ovariche o peritoneali limitate completamente resecate contestualmente al primitivo), da eseguirsi al termine della s-CT adiuvante postoperatoria e dopo un periodo di follow-up. Tale approccio ha permesso di scoprire localizzazioni peritoneali occulte nel 56% dei casi, che sono state trattate con asportazione chirurgica e HIPEC. Gli ottimi risultati di sopravvivenza (90% a 5 anni) hanno spinto i ricercatori francesi a iniziare uno studio randomizzato in cui tale strategia è paragonata a follow-up clinico-radiologico standard (https://clinicaltrials.gov/show/NCT01226394). Uno studio randomizzato analogo, che differisce in parte per i criteri di inclusione (anche i pazienti con tumore primitivo pT4a/b sono ammessi) è tuttora in corso nei centri che afferiscono alla regione Lombardia (EudraCT 2012-002739-27).

Altri gruppi hanno testato l’HIPEC profilattica al momento dell’intervento sul tumore primitivo. Sammartino e coll., che hanno dimostrato una migliore sopravvivenza e minore tasso di recidive peritoneali in 25 pazienti con carcinoma mucinoso in stadio clinico T3 e T4 trattato con chirurgia curativa e HIPEC profilattica, rispetto a 50 controlli retrospettivi sottoposti a trattamento standard. Il nostro gruppo, in collaborazione con l’ospedale di Bentivoglio (BO) ha eseguito uno studio pilota su 12 pazienti ed uno studio caso-controllo di 66 casi, che ha dimostrato una differenza statisticamente significativa in favore della HIPEC profilattica in termini di minore incidenza cumulativa di metastasi peritoneali e di miglore sopravvivenza globale.

Più recentemente, uno studio pilota olandese ha dimostrando la fattibilità dell’HIPEC laparoscopica a 6-8 settimane dalla chirurgia sul primitivo. Tale approccio è in corso di valutazione nell’ambito di uno studio randomizzato. (https://clinicaltrials.gov/show/NCT02231086)