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Per saperne di più su Neoplasie dell’Appendice Ciecale e Pseudomixoma Peritonei

Neoplasie dell’appendice ciecale

L'appendice ileo-cecale insieme con l'intestino cieco costituisce nell'uomo il tratto iniziale dell'intestino crasso. Ha la forma di un prolungamento stretto, lungo, cilindrico che si diparte dall'intestino cieco e si dirige verso la fossa iliaca destra oppure nascosta dietro l’intestino cieco stesso. Nel punto in cui l’appendice sbocca nel cieco si trova spesso una piccola piega della mucosa detta valvola del processo vermiforme. Lunga in media 10 cm con diametro è da ½ a 1 cm. L'appendice ha movimenti proprî peristaltici efficaci a vuotarne il contenuto nel cieco e produce muco al quale si trovano mescolati linfociti e cellule epiteliali. È considerata come una parte dell'intestino nel quale si è prodotto un mutamento nella funzione. Infatti non ha funzioni di assorbimento ma presenta un grande sviluppo del tessuto linfoide, analogamente alle tonsille palatina e linguale, che gli conferisce un'azione antitossica e antibatterica.

Come tutti gli altri organi, anche l’appendice è sede di processi neoplastici (Fig. 1). Le neoplasie appendicolari, d’altro canto, risultano essere un’evenienza alquanto rara raggiungendo lo 0.4-1% delle neoplasie gastrointestinali I tumori dell’appendice possono essere distinti in tre grandi famiglie: 1) i tumori mucinosi, 2) i tumori intestinali e 3) i tumori neuroendocrini. Questi ultimi metastatizzano frequentemente attraverso i linfonodi mentre quelli mucinosi ed intestinali si manifestano prevalentemente mediante una perforazione e pertanto un quadro simile all’appendicite acuta oppure (più frequentemente purtroppo) in fase avanzata con le metastasi peritoneali. Ed ecco perché entrano a far parte delle competenze di chi tratta i tumori peritoneali. E’ infatti intuitivo che avendo l’appendice un calibro ed una parete notevolmente meno estesi degli altri tratti intestinali, quando un tumore si sviluppa sullo strato interno detto mucosa, rapidamente invade gli altri strati e le cellule raggiungono la cavità peritoneale generando a seconda dell’istologia la cosiddetta carcinosi peritoneale o il Pseudomixoma Peritonei.

Molto frequentemente il trattamento riservato a queste neoplasie non è adeguato. Ciò per vari motivi: 1) la rarità di tali tumori, 2) la difficile diagnosi e spesso confusa con altri tumori dell’addome (sovente con le neoplasie dell’ovaio nella donna) e 3) la complessità delle cure soprattutto chirurgiche (disponibili solo in centri di elevata specialità) di cui tali neoplasie necessitano. Da ciò deriva la necessità di trattare tali pazienti nell’ambito di centri di riferimento che dispongono delle conoscenze sulla storia naturale di tali tumori e di un percorso curativo multidisciplinare coerente con le caratteristiche istologiche e lo stadio della malattia.

La diagnosi può avvenire:

  1. in fase acuta in quanto la perforazione dell’organo da un quadro simile di appendicite. I pazienti pertanto vanno trattati in urgenza mediante appendicectomia. Si consiglia solo l’appendicectomia in urgenza evitando altre manovre che, se necessarie, vanno programmate in relazione all’esame istologico e previa valutazione in un centro di riferimento;
  2. il tumore può avere un comportamento subdolo, evolvendo verso la disseminazione peritoneale. L’esame principale in tal caso è la TAC ma anche i marcatori tumorali sono importanti

Istologicamente le neoplasie non endocrine dell’appendice che possono dare un quadro di metastasi peritoneali o pseudomixoma peritonei, sono classificate secondo la classificazione PSOGI, come segue:

  • Neoplasia Appendicolare Mucinosa a Basso Grado;
  • Neoplasia Appendicolare Mucinosa ad Altoo Grado;
  • Adenocarcinoma Mucinoso: ben, moderatamente e scarsamente differenziato;
  • Adenocarcinoma Mucinoso scarsamente differenziato con cellule ad anello con castone;
  • Carcinoma a cellule ad anello con castone;
  • Adeno-Carcinoma di tipo intestinale

La corretta diagnosi di una di queste varianti è fondamentale per una corretta indicazione prognostica e terapeutica. Bisogna aggiungere che, in considerazione della rarità di tali neoplasie e della difficoltà diagnostica, solo un patologo dedicato ed esperto può giungere alla definizione istologica corretta.

Il trattamento delle neoplasie dell’appendice è piuttosto complesso e va orientato in base al momento della diagnosi e all’interessamento potenziale dei linfonodi e del peritoneo. Spesso l’esordio avviene in fase acuta con la perforazione dell’organo e conseguentemente un quadro simile di appendicite. I pazienti vanno trattati in urgenza mediante appendicectomia. Si consiglia solo l’appendicectomia in urgenza evitando altre manovre che, se necessarie, vanno programmate in relazione all’esame istologico e previa valutazione in un centro di riferimento. Il tumore può avere un comportamento subdolo, evolvendo verso la disseminazione peritoneale. L’esame principale in tal caso è la TAC ma anche i marcatori tumorali sono importanti.. Per quanto riguarda PMP, il trattamento standard è l’intervento chirurgico denominato: Citoriduzione con manovre di Peritonectomia che consiste nell’asportare il peritoneo ammalato e gli organi interessati dalla malattia. Una volta terminata tale fase si espone il paziente alla Chemio Ipertermia Intra Peritoneale che consiste di esporre la cavità addominale ad una elevata quantità di farmaci chemioterapici in condizioni di ipertermia entrambi con effetto antitumorale che viene vicendevolmente potenziato. Tale trattamento ha consentito di ottenere dei risultati considerevoli con una elevata percentuale di pazienti guariti. Purtroppo vi è un terzo dei pazienti in cui la malattia recidiva e per una parte di questi è fatale. Si tratta insomma di interventi complessi che devono essere trattati in centri di riferimento che dispongono delle conoscenze sulla storia naturale di tali tumori e di un percorso curativo multidisciplinare coerente con le caratteristiche istologiche e lo stadio della malattia. Uno degli errori più frequentemente commessi è quello di eseguire una colectomia dx. Questa va eseguita solo in casi particolari e solo dopo aver condotto un valido esame istologico con un patologo esperto. Da considerare che una colectomia dx non necessaria è dannosa in quanto comporta una serie di problematiche funzionali irreversibili.

Nei casi in cui l’evoluzione della neoplasia appendicolare è subdola mediante (per esempio) una perforazione minima o tamponata dell’appendice che consente il passaggio in cavità addominale del muco e delle cellule neoplastiche in una forma asintomatica, si può determinare il quadro clinico del cosiddetto Pseudomixoma Peritonei (PMP) (Fig. 2). Si tratta di una rara condizione patologica con un’incidenza approssimativa di circa 1-3/1.000.000 per anno. Di fatto il PMP andrebbe considerato quale l’evoluzione peritoneale di un tumore mucinoso appendicolare a basso grado in almeno 95% dei casi; nel 5% dei pazienti il tumore primitivo è localizzato a livello del rimanente tratto gastrointestinale e nella donna anche a livello ovarico.

Dal punto di vista anatomopatologico, si distinguono alcune varianti dello PMP secondo la recente classificazione PSOGI:

  • Mucina Acellulata;
  • Carcinoma Mucinoso Peritoneale a Basso Grado o Adenomucinosi Peritoneale Disseminata (DPAM);
  • Carcinoma Mucinoso Peritoneale ad Alto Grado o Carcinomatosi Mucinosa Peritoneale (PMCA);
  • Carcinoma Mucinoso Peritoneale ad Alto Grado con cellule ad anello con castone

L’utilizzo delle tecniche di imaging, quali la TAC e la RMN consente ad oggi di formulare una diagnosi di assoluta certezza: l’alternanza di aree a bassa attenuazione (tipiche del materiale mucinoso fluido), associate con aree ad alta attenuazione (elementi solidi), immagini di compressione dei mesi e dei visceri cavi senza infiltrazione, ispessimento della glissoniana epatica sono tutti segni patognomonici di PMP (Fig. 3).

Considerando, inoltre, la dinamica dei fluidi peritoneali, influenzata da fattori quali la gravità della malattia ed i movimenti respiratori, risulta possibile evidenziare attraverso la TC, a seconda della disseminazione, lo stadio della malattia.

Le cellule che producono mucina hanno scarsa capacità di aderenza e sono quindi libere di circolare seguendo i fluidi peritoneali (fenomeno della ridistribuzione); in una prima fase, pertanto, esse si accumulano nella pelvi per poi ridistribuirsi lungo la doccia parietocolica destra e sul diaframma di destra fino ad invadere successivamente tutta la cavità addominale. Dallo studio del pattern di distribuzione è quindi possibile identificare forme di early PMP.

L’impiego della PET risulta non utile nei pazienti affetti da PMP, in quanto la neoplasia oltre ad essere costituita da scarsi elementi cellulari risulta metabolicamente inattiva. L’ulteriore conferma diagnostica si avvale successivamente di indagini invasive quali paracentesi, biopsia e laparoscopia.

La paracentesi, tuttavia, spesso non permette una diagnosi a causa dell’elevata densità del fluido neoplastico, che rende difficoltosa l’aspirazione di sufficienti quantità di materiale biologico.

La biopsia presenta anch’essa molteplici limitazioni per la scarsità del materiale cellulare.

Infine, la laparoscopia può essere utilizzata nei casi di diagnosi dubbia od in caso di valutazione pre-operatoria onde determinare la fattibilità dell’intervento chirurgico. I marcatori tumorali utili per la diagnosi e per il follow-up sono: CEA, CA125, CA19.9 e CA15.3 Elevati valori in genere correlano con maggiore aggressività biologica e peggiore prognosi. Il trattamento chirurgico dello PMP consiste nella CRS associata alla HIPEC (Fig. 4). Si tratta di un intervento la cui complessità è strettamente correlata con l’estensione di malattia e pertanto con la tempestività della diagnosi. I risultati del trattamento sono eccellenti (Fig. 5a) con sopravvivenza mediana di 196 mesi (16.3 anni), sopravvivenza libera da progressione mediana di 98 mesi (8.2 anni). La sopravvivenza a 10 e 15 anni è rispettivamente del 63% e 59% . Si tratta pertanto di risultati eccezionali se si considera che il trattamento tradizionale del PMP basato sul debulking seriali consentiva una sopravvivenza mediana di 36 mesi.

La sopravvivenza è correlata con l’aggressività biologica della malattia (Fig. 5b). L’obiettivo del trattamento è comunque quello di ottenere una radicalità macroscopica. L’intervento deve essere eseguito in centri che hanno un team dedicato al trattamento delle neoplasie peritoneali e che ha superato la curva di apprendimento. La prognosi dei pazienti con PMP dipende direttamente dalla qualità e radicalità dell’atto chirurgico(Fig. 5c) e manovre incongrue possono modificare negativamente l’evoluzione della malattia. Oltre al peritoneo interessato dalla malattia (spesso è necessaria una cosiddetta peritonectomia totale) l’intervento ha come obiettivo la bonifica chirurgica degli organi interessati. Pertanto frequentemente si associano manovre di gastrectomia e colectomia (parziale o totale), splenectomia, colecistectomia, isterectomia, annessiectomia etc…

La HIPEC è veramente efficace solo se preceduta da una chirurgia citoriduttiva radicale; la situazione ideale è rappresentata dall’assenza di residuo macroscopico di malattia; se singoli nodi tumorali non possono essere rimossi, la loro dimensione massima deve essere di 2.5 mm.